venerdì 8 maggio 2015

Il mio primo incontro con il San Camillo

Convegno Medicina Narrativa San Camillo
contributo di (Lucio Miotto)

Non posso raccontare dell’ incontro con la medicina narrativa senza parlare, per sommi capi, della mia infanzia e giovinezza.
Sono nato con il labbro leporino e il palato aperto, nel gennaio 1955. La mia esistenza fu subito segnata da quella malformazione.
Ho avuto una nonna eccezionale: lei mi ha insegnato a leggere e scrivere all’età di cinque anni. Ricordo ancora le sue parole:- Tu devi essere più bravo degli altri a scuola. – Sta di fatto che, quando a sei anni sono andato alle elementari, ero già in grado di leggere e scrivere.
Amavo leggere e già in terza elementare leggevo “Il piccolo principe” “Zanna bianca” “Peter Pan” e un libro sulla prima guerra:” Il piccolo alpino.”
Alle superiori ho conosciuto autori come Pavese, Gozzano, Corazzini, Leopardi: questi grandi della letteratura sono nel mio cuore per la semplice ragione che anche loro hanno dovuto fatto i conti con problemi fisici e della psiche.
In gioventù scrivevo quasi sempre delle mie esperienze di gioco, delle mie amicizie, poche a dire la verità, delle malattie, soprattutto di quelle: era il mio modo per superare le difficoltà.
Naturalmente queste pratiche, diciamo, nessuno me le aveva consigliate e tanto meno ordinate da qualche medico.
Ecco la genesi della mia richiesta di usare il computer: qualche anno fa, in seguito ad un’emorragia cerebrale, avevo la parte destra del mio corpo paralizzata, non riuscivo a parlare bene o a completare una frase per cui avevo pensato che l’uso del computer potesse essermi utile.
La prima seduta dedicata alla scrittura durò la bellezza di 10 minuti. Fu un modo un po’ inconsueto di rendersi conto che non ero in grado di fare niente.
Anche scrivere era un problema: pensavo ad una parola e ne scrivevo un’altra, oppure, rimanevo bloccato perché non ricordavo come si scriveva una tal parola, anche se conoscevo benissimo il significato ma, soprattutto, mi stancavo subito.
Avevo bisogno di raccontare la mia esperienza ma, non riuscivo a farlo: era troppo per me, allora, riuscire a descrivere un fatto, uno stato d’animo, una casa, un uomo o donna. E poi, dovevo imparare l’uso della mano sinistra.
Con l’aiuto della logopedia sono riuscito a recuperare molto di quello che avevo perso.
A modo mio sono riuscito anche a descrivere la malattia ma soprattutto ciò che ricordavo immediatamente prima dell’emorragia.
E’ stato un periodo durante il quale ho vissuto grossi conflitti e sembrava che non ne venissi a capo: alternavo momenti di lucidità a momenti di perdita della memoria, periodi nei quali vedevo tutto positivamente a periodi in cui tutto era negativo.
L’unica cosa che volevo fare e che mi dava pace era scrivere.
Non so misurare l’incidenza della medicina narrativa sul mio percorso di guarigione, quello che so è che aver potuto usare il computer e soprattutto l’aiuto ricevuto da alcune logopediste sono state determinanti sulla mia volontà di guarire. Voglio qui citare la dott.ssa Battel, anche la dott.ssa Vannini con le sue tecniche.
E’ stato bellissimo quando ho terminato di raccontare, con parole scritte, la mia esperienza di paziente del San Camillo. Sentivo che da quel momento potevo iniziare un nuovo percorso di vita.
Vorrei concludere dicendo che, per l’esperienza fatta, non è possibile standardizzare un percorso di reintegrazione nella società: ogni uno ha il suo, basta trovarlo.
Entrano in gioco anche soggetti diversi da quelli sanitari, mi riferisco alle strutture sociali esistenti nel territorio.
Su questo aspetto si aprirebbe un capitolo che, purtroppo, è alquanto dolente, ad essere buoni. Non è, comunque, questa la sede per affrontare questioni attinenti all’integrazione, mi riferisco al lavoro e allo studio per i disabili.
Concludendo, posso affermare che il mio percorso per il recupero neurologico è, senza dubbio, un percorso strettamente legato alla medicina narrativa.
Lucio Miotto

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